Carlo Cordua è nato a Napoli nel 1963.

Ha disegnato e dipinto fin dall’adolescenza, per cui l’approdo alla pittura è stato solo la maturazione di un lungo processo.

Vive un tormentato rapporto con la natura, della quale continua a nutrire immagini incontaminate di altri tempi. I suoi paesaggi ne sono la prova più convincente.

“L’interesse della mia ricerca è incentrato sul paesaggio. E sempre di più avverto l’esigenza di raccontarlo attraverso la dimensione del ricordo. Nascono, cosi, immagini evanescenti e rarefatti che evocano marine, campi, declivi, insomma una natura sgombra di artifici, a riparo della presenza, spesso molesta, dell’uomo. I paesaggi per me hanno un carattere fortemente simbolico. Essi infatti sono mutuati dai sentimenti più reconditi di un’infanzia mitica, ed esprimono, attraverso i colori e le atmosfere, l’aspetto più autentico della mia personalità.

Il pittore sempre affascinato dalle infinite prospettive offerte dall’incessante vitalità del mare, ma anche dalla tipica luce mediterranea, tanto amata dagli impressionisti, che segna i profili delle colline della sua terra.

Ha esposto in prevalenza all’estero – Francia, Spagna, Canada, Argentina – ma ogni mostra è stata vissuta come una prova senza appello e con una partecipazione tanto sofferta da spingerlo spesso a rinunciare. I suoi pastelli sono nei musei di Budapest, Wesprem, Cracovia, Pitest, Montreal.

Lavora in uno studio isolato e segreto, che si apre su un giardino di aranci e limoni.

Cordua in mostra con “Qualcosa in più della speranza” 2010

“Qualcosa in più della speranza”. Questo il titolo della mostra del pittore Carlo Cordua, dedicata alla lotta all’Aids, che si terrà fino al 30 settembre 2010nello Spazio Eventi del Grattacielo Pirelli.

La rassegna, organizzata da Regione Lombardia in collaborazione con l’Associazione ‘Arte e Vita’, raccoglie diciotto opere, sedici pastelli e 2 oli, che portano a riflettere su questa malattia, l’Aids, sulla sua diffusione e sulla necessità di combatterla attraverso l’informazione e la prevenzione.

L’autore si fa interprete di una lettura della malattia che è al contempo un grido d’allarme, rivolto soprattutto ai giovani, più esposti al rischio del contagio, ma anche una grande affermazione di fiducia, come recita il titolo della mostra.

Le sue tele, infatti, grazie ai colori, al gioco delle sfumature e delle dissolvenze, fanno del paesaggio, che ha l’albero come protagonista, una metafora per il ciclo della malattia. I suoi dipinti raccontano il tempo che va dalla primavera dell’innocenza all’estate dell’incoscienza, dall’autunno della scoperta all’inverno della solitudine e del declino, oltre al quale, però, c’è sempre la speranza. L’amarezza e la sofferenza della malattia, nelle opere dell’artista si sciolgono, fino a quasi scomparire, nella delicatezza dei contrasti cromatici, nei morbidi giochi di luci e ombre, nella nobiltà dei particolari che sembrano voler espandere il dipinto oltre la tela.

“Sperare è sempre un dovere – spiega Cordua – Che non solo puntella la vita di ognuno di noi, ma ci crea una costante prospettiva che aiuta a vivere. L’Aids va prevenuto, se si vuole combatterlo con esiti positivi. Ignorare il male, trascurare ogni indagine per il suo accertamento è sicuramente negativo per la lotta al contagio. La sopravvivenza dei malati di Hiv è legata ai tempi di scoperta della malattia. I miei alberi – conclude l’artista – provano a dire anche questo”.

La mostra “Qualcosa in più della speranza” approda al Palazzo Pirelli dopo essere già stata ospitata presso la Camera dei Deputati nel maggio di quest’anno, sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comune di Roma e della Fondazione Mondiale Prevenzione e Ricerca Aids, presieduta dal Premio Nobel Luc Montagnier. Partner dell’evento anche il pontificio Consiglio Salute del Vaticano.

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